Vai al contenuto

Pagina:Le Novelle Indiane Di Visnusarma, UTET, 1896.djvu/27

Da Wikisource.

libro primo 19

Come il medico non vuole
Chi da morbi non è offeso,
Così chiedere non suole


Il ministro servitor
Quel monarca che va illeso
Da sventura o da dolor. —


Così avendo pensato, si mosse per andar da Pingalaca, e Pingalaca che lo vide venire, dissimulando il proprio pensiero, si mostrò qual era dianzi. Damanaca, venuto presso di lui, fattogli un inchino, si sedette, e Pingalaca disse: Amico, hai tu dunque veduto quella creatura? — Damanaca disse: Veduta, se piace al re!— Pingalaca disse: Davvero? — Damanaca disse: Perchè mai si dovrebbe dire il falso dinanzi al re? Ed è stato detto:


Chi dice anche la minima bugia
Dinanzi a prenci e dinanzi agli Dei,

Tragge sè stesso a morte
In un momento, s’anche grande ei sia.


E poi:


Poi che da Mànu tutto esser divino
Fu detto un re sovrano,

Come un dio riguardandolo il mortale,
Detto non parli che sia falso o vano.


Ben che ugual d’un celeste e d’un re-
Sia l’intima natura,

[gnante

Dal principe all’istante,
Ma dal celeste in la vita futura,
Dell’opre buone o ree cogliesi il frutto. —


Pingalaca disse: Dunque da te sarà stata veduta quella creatura! Se non che, pensando essa che un grande non si cruccia con un miserabile, tu non sei stato ucciso. Ora, è stato detto:


L’erbucce debili
Che da ogni banda

In giù si piegano,
Non schianta il nembo mai dalle radici;


Ma piante altissime
Piuttosto abbatte,
Chè guerra imprendere
Desìa chi è grande sol con gran nemici.


E ancora:


Alle piante de’ piè punto da erranti
Vespe in ebbro desio por quell’umore

Che le guancie gli riga1, oh! mai non sale


Valoroso elefante in reo furore.
Ma ben s’adira quando un forte, in cui
Sia forza eguale, crucciasi con lui. —


Damanaca disse: Così è! egli magnanimo, e noi dappoco. Eppure, se il re mi dice cotesto, io lo trarrò in sua servitù. — Pingalaca disse: Come mai potresti farlo con buon esito? — Damanaca disse: Qual cosa è mai che non riesca col sapere? Ora è stato detto:


Non per cavalli, non per elefanti,
Non per armi guerriere e non per fanti,

A così lieto fine opera cresce
Com quella sì che per saper riesce. —


Pingalaca disse: Se così è, tu omai sei elevato al grado di ministro. Da oggi in poi, io senza di te nulla farò che riguardi la pace o la guerra o altro. Tale è il mio divisamento. Però tu, andando subito, fa sì che quello venga in mia servitù. — E l’altro, avendo risposto che si, fatto

  1. Quando gli elefanti sono in amore, cola loro per le guancie un umore particolare di cui le vespe sono avide.