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Pagina:Le Novelle Indiane Di Visnusarma, UTET, 1896.djvu/62

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54 novelle indiane di visnusarma

perchè egli, sul punto d’esser divorato, temendo della vita, si cacciò dentro la casa d’un tintore che era vicina. Là stava preparata una gran tinozza piena di tinta azzurra, dentro la quale egli, attorniato dai cani, venne a cadere. Quando ne uscì, ecco che era tutto tinto di color d’azzurro. Tutti quei cani allora, non riconoscendolo più, se n’andaron qua e là dove vollero, e Ciandarava, cercando d’andare in luogo lontano, s’incamminò verso la foresta, e il color d’azzurro non era ancora sparito. Ora, è stato detto:


Delle femmine e dei granchi,
Dell’ortica e dell’azzurro,


Degli stolti e farabutti,
Basta un tocco sol per tutti.


I leoni allora e le tigri, i leopardi, i lupi e gli altri animali tutti che abitavano la selva, vedendo quella bestia non più veduta prima, simile ad un albero di tamala del color del veleno ond’è tinta la gola di Siva1, turbati di spavento, da tutte le parti cominciarono a fuggire, dicendo: Oh! donde mai è venuta questa bestia non più veduta prima? Poichè non si sa qual sia il suo costume e la sua forza, fuggiam più lontano che si possa! — Ora è stato detto:


Il saggio, se desìa
La sua felicità,
Di tal, di cui non sa


Costume, indole, stirpe,
Mai non si fiderà.


Ciandarava, come vide che tutti erano presi da spavento, disse: Oh! oh! bestie, perchè mai, al vedermi, fuggite spaventale? Non temete! Brahma che oggi stesso mi ha procreato, mi ha detto: «Poichè fra gli animali non vi è alcun re, tu oggi sei da me consacrato nella signoria di tutte le bestie, col nome di Cacudruma. E però tu, discendendo in terra, sii custode di loro tutti». Io allora son venuto qui. Intanto, tutti gli animali devono starsi sotto la mia protezione, io sono il re Cacudruma, fatto re degli animali nei tre mondi. — Udendo cotesto, il leone e gli altri animali, salutandolo col dirgli: O signore! o principe! — , gii si schierarono dattorno. Al leone allora fu dato da lui l’ufficio di ministro, alla tigre l’ufficio di prefetto della stanza reale, al leopardo quello di procacciare il betel odoroso per uso del sovrano, all’elefante l’ufficio di guardiano delle porte, alla scimia l’ufficio di reggere l’ombrella regia; ma agli animali della sua stessa famiglia non fece neppure un motto; anzi tutti gli altri sciacalli con cattive maniere furono discacciati. Mentre egli adunque faceva da re, il leone e le altre fiere, ammazzando gazzelle, gliele traevano dinanzi, ed egli, nel suo diritto di sovrano, spartendole, ne porgeva all’uno e all’altro. Così passando il tempo, avvenne che un giorno, nell’ora ch’egli era venuto nell’adunanza degli animali, si udì da un posto lontano il fracasso d’ima schiera di sciacalli che urlavano. Udendo quelle voci; levatosi su con arricciati i peli del corpo e con gli occhi pieni di lagrime di gioia, ad alta voce cominciò ad

  1. Siva, avendo trangugiato del veleno, ne ha la gola ancora tinta.