Pagina:Le Pescatorie di Azio Sincero Sannazaro.djvu/101

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    10Pur il piè da vicin portar paventano,
    Che già molte fïate udito avevano
    Li tanti affanni tuoi Peneja Dafnide,
    E con quai fati un tempo, oh Dio! la vergine
    Nonacrina infelice, in vero vergine
    15Infelice (e qual mai non essa muovere
    Cosa a pietà porria?) dal sommo vertice
    Di Cillene il Dio Pan fuggendo timida,
    Pane d’Arcadia il Dio, benchè bellissima,
    E benchè di Dïana a splender unica
    20Tra i venerandi cori, il petto tenero
    Mutasse in canna noderosa, e ruvida.
    Le quali delle selve pegli erbiferi
    Prati qua e là vaganti appena viddero
    Li Semibruti, di sfrenati giovani
    25Turba insolente, e non sì tosto l’intime
    Lor midolle d’occulto ardor s’accesero;
    Che di bel grado ad eccitar le timide
    Con blande voci in guisa tal si diedero:
    Qua qua su pronte donzellette tenere,
    30Placidissima schiera: e perchè starvene
    Sì lunge? Eh via presso alle sponde fatevi,
    O venite piuttosto, com’è solito,
    Nel prato verde molli danze a tessere,
    Giacchè diamo alle canne indarno l’alito,
    35Di versi empiendo i boschi, che non odono.
    Esse nulla a rincontro: apparecchiavano
    Solo gli scalzi piedi a fuga celere,