Pagina:Le Rime di Cino da Pistoia.djvu/215

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RIME

VIII


     Amor, tu sai ch’io son col capo cano,
E pur vêr me ripruovi l’armi antiche
E vie più ora che mai mi persegui:
Tu mi farai tenere un vecchio vano,
5E molte genti mi farai nemiche:
Dunque, s’io posso, è il me’ ch’io mi dilegui.
Ma come? s’ tu per tal donna mi segui,
Ch’io non potrìa fuggirti innanzi un passo
Ch’io non tornassi in vêr te più di mille,
10D’allora in qua che l’ardenti faville
Nacquer di neve che ardono il cor lasso:
Ond’io son alto e basso
Sol per colei che non ne fa parole;
E pur già quattro corsi ha fatto il sole.
     Ben cominciai, allor che pria m’avvenne15
Che della neve nacque ardente foco,
A dir di lei alquanto in rima e in prosa:
Ma un pensier discreto mi ritenne;
Veggendo lei da molto e me da poco,
20Puosi silenzio alla mente amorosa.
Rimase il foco chiuso, e senza posa
E’ dentro m’arse, e non parea di fuora;
E sì ardendo, sì forte è cresciuto,
Che, se da lui non mi viene aiuto,
25Convien che in breve spazio io me ne mora.
Ma la mente l’adora,
A giunte man chiamandole mercede.
Piena d’amor di speranza e di fede.
     Deh, chi mi scuserà, quando palese
30Sarà che il giovinetto vecchierello
Arda vie più che ma’ in foco d’amore?
Ma metterommi pure alle difese
A chiuse orecchie: e dica questo e quello
Ciò che lor piace, ed io con fermo core
35Lo tuo comando osserverò, signore;
Benchè più certo contrastar non posso,
Nè resister si puote al tuo volere:


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