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RIME

V


     Amor, non so che mia vita far deggia
Nè qual cammino a campar possa prendere;
Chè i miei lamenti intendere
Non par l’Angiola bella, tanto è frigida.
5Nè però la tua fiamma non s’alleggia,
Ma più mi sento dentro al core accendere,
E lei pare sì ’ntendere
Di me sì come pietra o cosa rigida.
Costei crescendo in tempo più s’infrigida,
10Non segue il nome suo nè forma angelica;
Ma come fera belica
Contra ètti; e seco non mi vai retorica,
Ch’i’ possa informar lei di tua teorica.
     Per la virtù d’arïete appaiono
15Le verdi foglie e ’l vago fior s’ingenere;
Ogni fronda vien tenere,
E partorisce pregna dallo zeffìro.
Le stelle fredde al nostro polo spaiono.
Ogni animale e augelletto è in Venere
20E pulisce sua penere,
E del passato gel par che si beffino.
E quale in più frondifero
Bosco celata sta bestia selvatica,
In l’amorosa pratica,
25Sentendo il dolce tempo, si dimestica.
Ma pur questa crudel non vien domestica.
     Su’ più frigidi monti si dileguano
Le bianche nevi e giuso al pian fan rivoli;
E quei che più piacevoli
30Fiumi son stati allor crescono; e strepita
Delle lor guerre il mar. I pesci attreguano
E vanno a prova nuotando piacevoli,
Diventando amorevoli,
Sentendo crescer l’acqua e farsi tepida.
35Tutta la terra crepita
E dai più duri sassi fuora germina.
Ma pur costei non termina


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Rime di Cino da Pistoia e d’altri del sec. XIV.

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