Pagina:Le Rime di Cino da Pistoia.djvu/268

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FAZIO DEGLI UBERTI

95Toglie alla biscia ardire:
Ella suol partorire
Pe’ fianchi, e or partorisce per la bocca.
Ora noti a cui tocca
Quel che ’l mio dire iscocca
100Di questa cosa grave.
In su l’antica nave
Con quella di Soave
Veggio che si raccoglie.
Figlie sirocchie e moglie
105Veggo pianger per doglie,
Predate o tolte senza anello o dote;
Panni squarciar e gote,
E star le genti ignote
Come se fosser pazzi.
110Perder veggio sollazzi,
E le strade e li spazzi
Sanguigni e pien di morti;
Tagliar catene e porti,
E Giuda e Tolomeo e Ganellone
115Diventar qui Sansone,
Enea ed Antenorre dar l’entrata.
Che val terra murata?
Ah mente scellerata!
Quel da Posterla guata — il suo oltraggio.
120Oh quanti aspettan maggio — per dir: Moia!
Ma di tutte le cuoia
Non se ne fa pavesi.
     O ciechi Milanesi,
Bresciani e Piemontesi!
125Tutti li vostri arnesi — fien distrutti;
E molti pianti e lutti
Vi lascerano asciutti — d’ogni bene.
Alla Scala conviene
Di quel ch’ell’ha e tiene
130Lasciar di quattro i trene, — e quel non fermo:
Entrato c’è il vermo.
E per lo fermo — quelli da Gonzaga,
Parmigiani e Carrara,


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