Pagina:Le Rime di Cino da Pistoia.djvu/320

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GIOVANNI BOCCACCI

     Qui truova Stazio non a lento passo
Salire in su, al qual Virgilio chiede
132Della cagion del tremito del sasso,
     La quale Stazio assegna: indi succede
Il priego suo ancora a nominarsi:
135Quindi, come uom ch’a pena quel che vede
     Crede, dichiara Stazio avanti farsi
Ad onorar Virgilio, e li fa chiaro
138Lui per contrario peccato agli scarsi
     Aver per molti secoli l’amaro
Monte provato. E già nel cerchio sesto,
141Parlando insieme, un albero trovaro,
     D’onde una voce lor disse il modesto
Gusto di molti: e più propinqui fatti
144Chiaro s’avvider ch’ogni ramo in questo
     Arbore è vôlto in giù, e d’alto tratti
Vider cader liquor di foglia in foglia;
147E sotto ad esso spirti macri e ratti
     Vider venir più che per altra soglia
Dell’erto monte, e pure in su la vista
150Alli pomi tenean, che sì gl’invoglia.
     Così andando in fra la turba trista,
Raffigurollo l’ombra di Forese:
153Con lui favella; e della gente mista
     Più riconobbe, e tra gli altri il lucchese
Bonagiunta Orbiccian: poi una voce
156All’arbore appressarsi lor difese.
     Un angel quindi al martire che coce
Gl’invita: ed essi, per l’ora che tarda
159Era, ciascun n’andava su veloce,
     Mostrando Stazio a lui, se ben si guarda,
Nostra generazione, e come l’ombra
162Prenda sembianza di corpo bugiarda
     E come sia da passïone ingombra:
E sì andando pervennero al foco,
165Prima che ’l santo monte facesse ombra.
     Lungo il qual trapassando per un poco
D’un sentieruolo udîr voci nemiche
168Al vizio di lussuria: ed in quel loco


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