Pagina:Le Rime di Cino da Pistoia.djvu/437

Da Wikisource.

RIME

     Amor mi stringe pur ch’io dica e preme
Della mia terra, poi che ’nferma giace:
114Che svelto ne veggia io ogni mal seme,
     Sì ch’ella possa omai vivere in pace.


(Dalla stampa che ne fece G. Milanesi (Siena, Tipografia dall’Ancora, 1845). L’abbiamo raffrontata alla lezione che ne dà il Mai nel t. VIII dello Spicilegium Romanum, e Telesforo Bini nelle Rime e prose del buon secolo, cit.)



III

A LAUDE DI GIOVAN GALEAZZO

duca di milano


     Novella monarchia, giusto signore,
Clemente padre insigne virtuoso,
Per cui pace e riposo
Spera trovar la dolce vedovella;
5Tu sai ben, signor mio, quanto dolore
Ell’ha provato, po’ che ’l dolce sposo
Inclito e glorïoso
Vôlse nel ciel la sua beata stella.
Ella rimase afflitta e tapinella
10Fra le galliche mani,
Dilacerata del suo proprio sangue:
Non era più il senato e’ buon Romani,
Non Cato non Fabrizio non Metello,
Non Cammillo o Marcello,
15Che per virtude fur pari alli dèi:
Con lei rimase barbari e Caldei,
E sotto il sacro manto un crudel angue.
Ond’ella ancor si langue,
E viene a te per tua santa mercede,
20Chè d’altri mai non ebbe amor nè fede.


— 431 —