Pagina:Le aquile della steppa.djvu/102

Da Wikisource.
96 Capitolo undicesimo.

Una cupa disperazione s’era impadronita di lui, accasciandolo completamente.

— Mio povero signore! — disse Tabriz, che l’osservava con profondo dolore. — Si direbbe che tu disperi del tuo destino.

— La luce rosea che mi irradiava fino a poche ore or sono, io non la scorgo più, mio buon Tabriz, — rispose il giovine, soffocando un singhiozzo. — Mi sembra che una notte eterna mi avvolga.

— Hai torto, signore. Alla tua età non si dispera mai.

— L’amavo troppo.

— E anche Talmà t’ama.

— Come potrà resistere, povera fanciulla, lontana da me? La costringeranno a dimenticarmi.

— Fra quattro giorni noi saremo a Kitab, signore, e tuo zio è un beg troppo noto, perchè il Beg Djura bey si rifiuti di renderti giustizia.

— E se fosse stato lui a farla rapire?

— L’affare sarebbe ben diverso allora; tuttavia io non credo che il Beg abbia ora tempo per occuparsi di Talmà, se è vero che i russi marciano già verso il khanato.

— Potessi sapere chi è il miserabile che me l’ha rapita!

— Lo scoveremo, non dubitare, padrone.

Sagadska conosce tutti i banditi della steppa e può dare qualche preziosa informazione sulla direzione presa dalle Aquile.

Egli tiene molti uomini sulle rive dell’Amu-Darja per la raccolta delle rose e quelli ci diranno se i rapitori l’hanno attraversato.

Padrone, non disperiamo e cerchiamo invece di guadagnare via. —

I cavalli mantenevano un galoppo abbastanza rapido, senza aver bisogno di essere eccitati: era d’altronde la loro andatura ordinaria, che potevano continuare per moltissime ore, senza nulla chiedere ai loro padroni prima del tramonto.

A mezzodì la banda fece una breve fermata sulla rive d’uno stagno, ombreggiate da quattro o cinque di quegli enormi platani turchestani, che hanno sovente una circonferenza di settanta piedi ed il cui legname duro e venato, più bello e superiore di quello dei nostri noci, serve a fabbricare bellissimi mobili.

Un paio d’ore dopo la truppa riprendeva le mosse, avanzandosi sempre più nel cuore della steppa. I cavalli, ben riposati e ben pasciuti, galoppavano con maggior slancio del mattino.