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186 Capitolo quarto.

CAPITOLO IV.


La burana.


La burana che soffia nelle steppe turchestane si può paragonare al simun che sconvolge le sabbie dell’immenso deserto di Sahara, e forse è più pericolosa ancora, perchè sovente la burana è così ardente da soffocare le persone, che vengono sorprese senza il riparo di una tenda.

Ordinariamente quegli uragani si scatenano dopo le prime piogge, vere piogge fangose, perchè il minimo soffio di vento, solleva sempre, come abbiamo detto, delle immense cortine di sabbia, sicchè l’acqua si mescola a tutto quel polverone e lo trascina alla superficie della terra formando dovunque una fanghiglia alta parecchi centimetri.

Il cielo si copre di nuvole gialle, il vento si scatena e tutta la steppa si copre di colonne di sabbia roteanti e di cortine, oscurando ogni cosa.

La violenza di quei venti è tale da trasportare le sabbie perfino nell’India, dove la burana viene invece chiamata hot-winds ed il suo calore è tale da far appassire in pochi istanti le piante e da spogliare gli alberi del loro fogliame.

Il turchestano e anche il persiano o l’indiano possono resistere; l’europeo invece cade asfissiato, se non si trova ben ricoverato.

Gli abitanti delle città sono anche essi costretti a prendere delle precauzioni, non bastando le muraglie delle loro case a difenderli dai soffi asfissianti del simun asiatico.

Tutte le aperture che servono da finestre vengono turate con pagliericci, formati da stuoie strettamente intrecciate e abbondantemente bagnate, sicchè il vento passando in mezzo a quell’umidità, perde una parte del suo calore, permettendo così gli abitanti di respirare.

Nella steppa vi è anche la burana fredda che soffia d’inverno, e anche quella non è meno pericolosa. Invece di sabbia è la neve che turbina e copre sovente le carovane, assiderando uomini ed animali.