Pagina:Le aquile della steppa.djvu/250

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244 Capitolo nono.

furore, aveva alzata la sedia e gliel’aveva scaraventata addosso con tale impeto da farlo stramazzare al suolo più morto che vivo.

Gli uomini che lo accompagnavano si erano subito gettati avanti coi kangiarri e cogli jatagan in mano, cercando d’irrompere nella stanza e di precipitarsi addosso ai due turchestani.

Hossein che li teneva d’occhio, con una mossa fulminea aveva sollevato la tavola e l’aveva scaraventata attraverso la porta, sbarrando loro il passo.

— Addosso coi kangiarri, Tabriz! — gridò poi.

I sei usbechi, arrestati di colpo e spaventati anche dalla statura imponente di Tabriz, avevano dato indietro, scaricando due o tre colpi di pistola a casaccio.

Vedendo poi roteare in alto i due kangiarri dei turchestani, ritennero più opportuno alzare i tacchi e scapparsene, senza occuparsi del disgraziato ufficiale che era rimasto svenuto dinanzi alla porta.

— Siamo stati traditi! — gridò Tabriz, che pareva in preda ad un terribile accesso di collera. — Il loutis ci ha venduti!...

— Sì, il miserabile! — rispose Hossein.

— Gli strapperò il cuore!

— Ed io gli taglierò la testa!...

— Canaglia!...

— Birbante!...

— Ah!... C’è l’ufficiale!

— Buona presa, Tabriz!

— E buon ostaggio!... Vieni con me, mio caro. —

Allungò le braccia al di là della tavola, abbrancò il disgraziato per la giubba e lo alzò come se fosse un fantoccio.

— Ecco di che rinforzare la nostra barricata, — disse. — Vedremo se gli usbeki oseranno fucilarlo.

— Non migliorerà di molto la nostra situazione, Tabriz, — disse Hossein. — Come potremo resistere noi, che abbiamo le pistole scariche?

— E queste, signore? — disse il gigante, levando le due a doppia canna, che portava alla cintura il prigioniero.

— Quattro palle valgono ancora qualche cosa, quando si sanno mandare all’indirizzo giusto.

Vengano!... Ah!.... I birbanti!...

E quel cane di loutis diceva che questo era un villaggio di