Pagina:Le aquile della steppa.djvu/9

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CAPITOLO I.


Un supplizio spaventevole.


— All’armi Sarti!... Eccolo!... —

Un urlìo assordante fece eco a quel grido; poi un’onda di uomini si rovesciò attraverso le strette viuzze del villaggio fiancheggiate da casette d’argilla grigia, di meschino aspetto come già lo sono tutte quelle che abitano i turcomanni non nomadi della grande steppa turanica.

— Fermatelo con una palla nel cranio!

— Lesti, giovanotti!

— Addosso a quel cane!

— Fuoco! —

Una voce imperiosa, che non ammetteva replica, dominò tutto quel baccano:

— Guai a chi fa fuoco! Cento tomani1 a chi me lo porta vivo! —

Chi aveva dato quell’ordine era un bel vecchio, uno dei più belli che si potessero trovare nelle steppe turchestane, che doveva aver già varcata la sessantina, di forme piuttosto tozze e robuste con spalle ampie e braccia muscolose e la pelle fortemente abbronzata e resa ruvida dagli ardori intensi del sole e dai venti frizzanti della grande steppa, gli occhi neri e ancora pieni di fuoco, il naso un po’ adunco, come il becco dei pappagalli, ed una lunga barba bianca che gli scendeva fino a metà del petto.

Dal costume che indossava si poteva subito capire che apparteneva ad una casta elevata, poichè il suo ampio turbante era di seta, variegata ed intessuta con pagliuzze d’oro, la sua lunga

  1. Il tomano vale 11 lire e 60 cent.