Pagina:Le cento novelle antiche.djvu/110

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Autresi com lorifans,
     Que can chai nos pot leuar,
     Troli autre ab lur cridar
     De lur votz lo levon sus,
     Et ieu vueill segra quel us,
     Car mos mesfatz es tan greus e pesans,
     Que si la cort del Puei, el ric bobans,
     El verai pretz dels leials amadors
     Nom relevon, iamais non serai sors.
     Quil denhesson per me clamar merse,
     Lai on iutias, ni razo nom val re.
E sieu per los fis amans
     Non pueso mon ioi recobrar,
     Par tos tema lais mon chantar,

    altresì con qualche varietà nel tom. V, pag. 443 e seg. dell’opera Choix des poesies originales des Troubadours par M. Raynouard. Anche il co. Giulio Perticari nel suo trattato Dell’Amor patrio di Dante l’ha riportata, emendandola coll’aiuto di due codici provenzali vaticani.

    Altresì come L’Elefante,
         Che quando cade non si può levare,
         Fìn che gli altri con lor gridare
         Di lor voci lo levan suso;
         Ed io voglio seguir quell’uso;
         Che ’l mio misfatto e tan greve e pesante,
         Che se la Corte di Puy, e i ricchi (grandi) burbanti, (burbanzieri)
         E ’l vero pregio de’ leali amanti
         Non mi rilevan, giammai sarò surto.
         Ch’e’ degnassero per me chieder mercè (pietà)
         Là ove giudici e ragion non mi val niente.
    E s’io per li fini amanti
          Non posso mia gioja ricovrare,
         Per sempre lascio ’l mio cantare;