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Della grande libertà e cortesia del re d’Inghilterra.


NOVELLA XX.


Lo giovane re d’Inghilterra spendeva e donava tutto. Un povero cavaliere avvisò un giorno un coperchio d’uno nappo d’ariento; e disse nell’animo suo: se io posso nascondere quello, la masnada mia1 ne potrà stare molti giorni. Misesi il coperchio dell’ariento sotto. Il siniscalco, al levare le tavole, riguardò l’ariento. Trovaronlo meno. Cominciaro a metterlo in grido, et a cercare i cavalieri alla porta. Il re giovane avvisò costui che l’avea, e venne a lui sanza romore, e disseli chetissimamente: mettilo sotto a me, ch’io non sarò cerco. E lo cavaliere pieno di vergogna così fece. Il re giovane li le rendè fuor della porta; e miseli di sotto, e poi lo fece chiamare, e donolli l’altra partita. E più di cortesia fece: che poveri cavalieri una notte entrarono nella camera sua, credendo veramente che lo re giovane dormisse. Adunaro li arnesi e le robe a guisa di furto. Ebbevene un che mal volentieri lasciava una ricca coltre che ’l re avea sopra: presela, e cominciò a tirare. Lo re per non rimaner scoperto, prese la sua partita, e teneva, siccome que’

  1. la masnada mia; cioè la mia famiglia. “Masnada (dice il Menagio nelle Origini della lingua italiana) si disse prima per famiglia (da mansio, mansio nata, mansinata, masnata; masnada). Si disse poi per compagnia e truppa di gente semplicemente; e finalmente per compagnia di gente armata.„