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Pagina:Le confessioni di Lev Tolstoj.djvu/23

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le confessioni 21

Le domande non aspettano, bisogna rispondervi subito; se non si risponde non si può vivere. Nessuna risposta. Sentivo che il suolo sul quale mi reggevo, mi fuggiva sotto, che non v’era più nulla a cui potessi aggrapparmi, che ciò di cui vivevo non era più, e che non mi rimaneva nulla.


IV.


La mia vita s’arrestò. Potevo respirare, mangiare, bere, dormire, giacchè non avrei potuto non respirare, non mangiare e non dormire. Ma non era la vita, poichè non sentivo un desiderio la cui soddisfazione mi paresse ragionevole. Se anche desideravo qualche cosa, sapevo in anticipo che dal mio desiderio, soddisfatto o no, non sarebbe derivato nulla. Se fosse venuta una fata a propormi di soddisfare ogni mio desiderio, non avrei saputo che cosa chiederle. Se, in un momento di ebbrezza ritrovavo, non il desiderio, ma l’abitudine del desiderio, appena ritornato calmo sapevo trattarsi di un inganno: non avevo nulla da desiderare. Non potevo neppure augurarmi di conoscere la verità; poichè indovinavo in che cosa consistesse; secondo la verità, la vita è una pazzia. Avevo creduto di vivere, di andare innanzi, ed ero arrivato all’abisso e vedevo nettamente che davanti a me non v’era nulla, tranne la morte. Eppure non ci si può fermare nè tornare indietro nè chiuder gli occhi per non vedere che non si ha nulla davanti a sè,