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dizione; i remi, la libertà che m’era data di navigar verso la riva, di unirmi a Dio.

Così la forza della vita si rinnovò in me e di nuovo incominciai a vivere.


XIII.


Rinunciai alla vita mondana, avendo riconosciuto che non era la vita, ma una parvenza, e che le condizioni di abbondanza in cui viviamo ci impediscono di comprendere la vita.

Infatti, per comprendere la vita, non devo tener conto delle eccezioni, di noi, parassiti della vita, ma della vita del popolo semplice, dei lavoratori, di quelli che producono la vita e le dànno un senso.

Il popolo semplice, i lavoratori che mi circondavano, era il popolo russo, e mi rivolsi a lui, al senso ch’egli attribuisce alla vita. Questo senso, se può esser espresso, è il seguente: ogni uomo viene al mondo per la volontà di Dio. Dio crea l’uomo in tal modo che ciascuno può salvar la sua anima o perderla. Lo scopo dell’uomo nella vita è di salvarsi.

Per salvar la propria anima, deve vivere secondo Dio e, per vivere secondo Dio, deve rinunziare a tutti i piaceri della vita, lavorare, umiliarsi, soffrire, esser buono. Questo senso il popolo l’attinge nella fede, che gli è stata trasmessa dai sacerdoti e dalle tradizioni che il popolo mantiene. Questo senso m’era palese ed era caro al mio cuore. Ma a questo senso della fede, presso il nostro popolo non scismatico, in mezzo al quale vivevo, si trovavano