Pagina:Le confessioni di un ottuagenario I.djvu/126

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capitolo secondo. 99

desse a registrare piuttosto le stranezze dei costumi, e le favole dei viaggiatori, che non le vere condizioni delle provincie. Più che da imperfezione di mezzi o da ignoranza di scrittori, dipendeva ciò dal talento dei lettori. Il mondo per essi non era mercato ma teatro. Più sovente adunque i nostri interlocutori parlavano dei pettegolezzi del vicinato; del tal Comune che aveva usurpato i diritti del tal feudatario; della lite che se ne agitava dinanzi all’Eccellentissimo Luogotenente, o della sentenza emanata, e dei soldati a piedi ed a cavallo mandati per castigo, o come si diceva allora, in tansa presso quel Comune a mangiargli le entrate. — Si pronosticavano i matrimoni futuri, e si mormorava anche un tantino di quelli già stabiliti o compiuti; e per solito i litigii, le angherie, le discordie dei signori castellani tenevano un buon posto nel discorso. La vecchiona parlava di tutto con soavità e con posatezza, come se guardasse le cose dall’alto della sua età e della sua condizione; ma questo modo di ragionare non era in lei studiato punto, e vi si frammischiava a raddolcirlo una buona dose di semplicità e di modestia cristiana. Lucilio serbava il contegno d’un giovine che gode d’imparare da chi ne sa più di lui, e una cotal discrezione, in un saputello incrinato di lettere, gli accaparrava sempre più la stima e l’affetto della nonna. A vederlo poi adoperarle intorno per renderle ogni piccolo servigio che bisognasse, s’avrebbe proprio detto ch’egli era un suo vero figliuolo, o almeno un uomo stretto a lei dal legame di qualche gran benefizio ricevuto. Nulla invece di tutto ciò: era tutto effetto di buon cuore, di bella creanza.... e di furberia. Non ve lo immaginate?... Ve lo chiarirò ora in poche parole.

Quando Lucilio si accommiatava dalla vecchia per scendere nel tinello o tornare a Fossalta, costei restava sola colla Clara, e non rifiniva mai dal lodarsi bonariamente delle compite maniere, e dell’animo gentile ed