Pagina:Le confessioni di un ottuagenario I.djvu/136

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capitolo terzo. 109

non posso sternutire anche adesso in pace, senzachè non mi brulichi dentro un certo desiderio d’udirmi augurare lunga vita e felicità da una moltitudine di voci. La ragione si fa adulta e vecchia; il cuore resta sempre ragazzo e converrebbe dargli scuola a zaffate col metodo patriarcale del Piovano di Teglio. Quanto al mutuo insegnamento che ora è venuto di moda, i cuori ci avrebbero pochissimo da guadagnare e molto da perdere, in quello scambio di banconote sentimentali che corrono in vece delle monete genuine e sonanti d’una volta. Sarebbe un mutuo insegnamento di trappolerie e di falsificazioni, con nessunissimo vantaggio della buona causa, perchè i più tirano sempre i meno, come dice il proverbio. Ma tornando al mondo che mi parve tanto bello a prima giunta, come vi raccontava, vi dirò di più ch’esso non era un Paradiso terrestre. Un ponticello di legno sulla fossa posteriore del castello che dalla corticella della scuderia metteva nell’orto; due pergolati di vigne annose e cariche nell’autunno di bei grappoli d’oro, corteggiati da tutte le vespe del vicinato; piú in là campagne verdeggianti di rape e di sorgoturco, e finalmente oltre ad un muricciuolo di cinta cadente e frastagliato, delle vaste e ondeggianti praterie piene di rigagnoli argentini, di fiori e di grilli! Ecco il mondo posteriore al castello di Fratta. Quanto a quello che gli si stendeva dinanzi ed ai lati, ho dovuto accontentarmi di conoscerlo più tardi; mi tenevano tanto alla catena col loro Fulgenzio, col loro Piovano, col loro spiedo, che perfino nel mondo dell’aria libera e delle piante, perfino nel gran tempio della natura mi toccò entrarvi di sfuggita e per la porta di dietro. Ora una digressione in riguardo allo spiedo; chè da un pezzo ne ho addebitato la coscienza. Nel castello di Fratta tutti facevano ogni giorno il loro dovere, meno il girarrosto che non vi si piegava che nelle circostanze solenni. Per le due pollastre usuali non si stimava