Pagina:Le confessioni di un ottuagenario I.djvu/144

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capitolo terzo. 117


nelle cascate dell’acqua per vederli rimbalzare, e cader poi ancora, per disparire sotto il vorticoso giro della ruota. S’udiva di dentro il rumor delle macine, il cantar dei mugnaj, e lo strepitare dei ragazzi, e fin lo stridore della catena sul focolare quando dimenavano la polenta. Io me n’accorgeva pel fumo che cominciava a spennacchiarsi dal comignolo della casa, precedendo sempre l’intervento di questo nuovo stridore nel concerto universale. Sullo sterrato dinanzi ai mulini era un continuo avvicendarsi di sacchi, e di figure infarinate. Vi capitavano le comari di molti paesetti delle vicinanze; e chiacchieravano colle donne dei mulini mentre si macinava loro il grano. In quel frattempo gli asinelli, liberati dalla soma, gustavano ghiottamente la semola che loro si imbandisce per regalo nelle gite al mulino; finito che avevano si mettevano a ragliare d’allegria, distendendo le orecchie e le gambe; il cane del mugnaio abbaiava, e correva loro intorno facendo mille finte di assalto e di schermo. Ve lo dico io che la era una scena animatissima, e non ci voleva nulla di meglio per me, che della vita altro non conoscevo se non quello che mi eran venuti raccontando Martino, Mastro Germano e Marchetto. Allora invece cominciai a guardare co’ miei occhi, a ragionare ed imparare colla mia propria mente; a conoscere che cosa sia lavoro e mercede; a distinguere i diversi ufficii delle massaie, delle comari, dei mugnai e degli asini. Queste cose mi occupavano e mi divertivano; e tornava poi verso Fratta col capo nelle nuvole, contemplando i bei colori che vi si variavano entro pel diverso magistero della luce.

Le mie passeggiate si facevano sempre più lunghe, e sempre più lunghe e temerarie le diserzioni dalla custodia di Fulgenzio e dalla scuola del piovano. Quando io andava attorno a cavallo con Marchetto, era troppo piccino per poter imprimere nella memoria quanto vedeva; e fattomi poi grande egli non voleva arrischiarmi sulla groppa d’un ron-