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172 le confessioni d’un ottuagenario.

— Ed io non penso nè a questi nè a nessuno; — riprese il giovine fissando i suoi grandi e tranquilli occhi turchini in quelli piccioletti e vivissimi della zitella. — Il mondo va innanzi con me, e potrebbe andare senza di me. Questo è il mio conforto, e del resto il Signore pensa a tutto. Ma la ci vien sovente ella alla fontana?

— Oh spessissimo, — rispose la Doretta — massime quando ho caldo. —

Leopardo pensò che come si erano incontrati quella volta, potevano incontrarsi altre volte ancora; ma un tal pensiero gli parve troppo ardito, e lo confinò in una lunga occhiata di desiderio e di speranza. Invece colle labbra tornò a favellare del caldo e della stagione; e diceva che, per lui, estate, inverno e primavera era tutt’uno. Non se ne accorgeva che per le foglie che nascevano o cascavano.

— Io poi amo soprattutto la primavera! — soggiunse la Doretta.

— Ed anch’io lo stesso! — sclamò Leopardo.

— Come? ma per lei non è tutt’uno? — disse la fanciulla.

— È vero; mi pareva.... ma.... Oggi è una così bella giornata, che mi fa dar la palma a quest’età prima dell’anno. Credo poi che dicendo che per me era tutt’uno, intendessi parlare riguardo al caldo od al freddo. In quanto al piacere degli occhi, sicuro che la primavera è la prima! —

— C’è quel birbo di Gaetano a Venchieredo che difende sempre l’inverno; — soggiunse la ragazza.

— In verità quel Gaetano è proprio un birbo, — ripetè l’altro.

— Che? lo conosce anco lei? — chiese Doretta.

— Sì.... cioè.... oh non è il guardiano? — balbettò Leopardo. — Mi pare, ho un’idea confusa di averlo udito nominare!

— No, non è il guardiano; è il cavallante; — sog-