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220 le confessioni d’un ottuagenario.

sorriso che comprende o meglio dimentica il mondo intero, per vivere e farti vivere di se stesso, e che in un lampo solo schiude, affratella e confonde le misteriose profondità di due spiriti in un unico desiderio d’amore e d’eternità, in un unico sentimento di beatitudine e di fede! — Il cielo che si aprisse, pieno di visioni divine e d’ineffabili splendori agli occhi d’un santo, non sarebbe certo più incantevole di quella meteora di felicità, che guizza raggiante e ahi spesso fugace nelle sembianze d’una donna. È una meteora; è un baleno; ma in quel baleno, più che in dieci anni di meditazioni e di studii, l’anima travede i confusi orizzonti d’una vita futura. Oh quante volte all’oscurarsi di quelle sembianze s’annuvolò dentro di noi il bel sereno della speranza, e il pensiero precipitò bestemmiando nel gran vuoto del nulla, come Icaro sfortunato cui si fondevano le ali di cera! Quali subiti, dolorosi trabalzi dall’etere inane, dove nuotano miriadi di spiriti in oceani di luce, al morto e gelido abisso che non vedrà mai raggio di sole, che mai non darà vita per volger di secoli a una larva pensata! E la scienza, erede di cento generazioni, e l’orgoglio, frutto di quattromila anni di storia, fuggono come schiavi colti in fallo, al tempestar minaccioso d’un sentimento. Che siamo noi, dove andiamo noi, poveri pellegrini fuorviati? Qual è la guida che ci assicura d’un viaggio non infelice? Mille voci ne suonano dintorno; cento mani misteriose accennano a sentieri più misteriosi ancora; una forza segreta e fatale ci spinge a destra ed a sinistra; l’amore, alato fanciullo, c’invita al Paradiso; l’amore, demonio beffardo, ci stritola nel niente. E solo la fede che il sacrifizio sarà contato a minor danno delle vittime, sostenta i nostri pensieri nell’aria vitale.

Ma Lucilio?... Oh Lucilio allora non pensava a ciò! I pensieri vengon dietro alle gioie, come la notte al tramonto, come il gelido verno all’autunno canoro e dorato. Egli