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222 le confessioni d’un ottuagenario.

La giovinetta si destò come da un sogno; si stropicciò gli occhi colla mano, e li sentì bagnati di lagrime.

— Volete che andiamo? — rispose ella con una voce soave e dimessa che non pareva la sua. Lucilio senza mover parola si ravviò per la strada; e la fanciulla gli veniva del paro docile e mansueta, come l’agnello al fianco della madre. Il giovine per quel giorno non chiedeva di più. Scoperto il tesoro, voleva goderne lungamente come l’avaro, non disperderlo all’impazzata a guisa dei prodighi, per trovarsi poi misero peggio di prima e col sopraccollo delle memorie sfumate.

— Mi amerai sempre? — le domandò egli dopo alcuni passi silenziosi.

— Sempre! — rispose ella. La cetra d’un angelo non moverà mai un concento più soave di questa parola, pronunciata da quelle labbra. L’amore ha il genio di Paganini; egli infonde nell’armonia le virtù dello spirito.

— E quando la tua famiglia ti profferirà uno sposo? — soggiunse con voce dolorosa e stridente Lucilio.

— Uno sposo!? — sclamò la giovinetta chinando il mento sul petto.

— Sì; — riprese il giovane — vorranno sacrificarti all’ambizione, vorranno comandarti in nome della religione un amore, che la religione ti proibirà in nome della natura!

— Oh io non veggo che voi! — rispose Clara quasi parlando con se stessa.

— Giuralo per quanto hai di più sacro! giuralo pel tuo Dio e per la vita di tua nonna! — soggiunse Lucilio.

— Sì, lo giuro! — disse tranquillamente la Clara. Giurare quello che si sentiva costretta a fare da una forza irresistibile, le parve cosa molto semplice e naturale. Allora si cominciavano a vedere fra il chiaroscuro della sera le prime case di Fratta: e Lucilio lasciò la mano della fanciulla per