Pagina:Le confessioni di un ottuagenario I.djvu/29

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2 le confessioni d’un ottuagenario.

mezzo alle tribolazioni che sempre paiono soverchie alla smoderatezza e cascaggine umana, pur sollevano l’anima alla serenità della pace e della speranza, quando tornano poi alla memoria quali veramente sono, talismani invincibili contro ogni avversa fortuna. Intendo quegli affetti e quelle opinioni, che anzichè prender norma dalle vicende esteriori comandano vittoriosamente ad esse e se ne fanno agone di operose battaglie. La mia indole, l’ingegno, la prima educazione e le operazioni e le sorti progressive furono, come ogni altra cosa umana, miste di bene e di male: e se non fosse sfoggio indiscreto di modestia potrei anco aggiungere, che in punto a merito abbondò piuttosto il male che il bene. Ma in tutto ciò nulla sarebbe di strano o degno di esser narrato, se la mia vita non correva a cavalcione di questi due secoli che resteranno un tempo assai memorabile, massime nella storia italiana. Infatti fu in questo mezzo che diedero primo frutto di fecondità reale quelle speculazioni politiche che dal milletrecento al millesettecento traspirarono dalle opere di Dante, di Macchiavello, di Vico e di tanti altri che non soccorrono ora alla mia mediocre coltura e quasi ignoranza letteraria. La circostanza, altri direbbe la sventura, di aver vissuto in questi anni, mi ha dunque indotto nel divisamento di scrivere quanto ho veduto, sentito, fatto e provato dalla prima infanzia al cominciare della vecchiaia, quando gli acciacchi dell’età, la condiscendenza ai più giovani, la temperanza delle opinioni senili e, diciamolo anche, l’esperienza di molte e molte disgrazie in questi ultimi anni mi ridussero a quella dimora campestre, dove aveva assistito all’ultimo e ridicolo atto del gran dramma feudale. Nè il mio semplice racconto rispetto alla storia ha diversa importanza di quella che avrebbe una nota, apposta da ignota mano contemporanea alle rivelazioni d’un antichissimo codice. La attività privata d’un uomo che non fu nè tanto avara da