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302 le confessioni d’un ottuagenario.

intanto ci eravamo guadagnato alcuni mesi di buon accordo e di pace. Buon accordo lo dico, così per dire, perchè in sostanza si era tornati alla vita di prima; agli amoruzzi cioè, ai dispetti, alle gelosie, ai rappaciamenti d’una volta. Donato, il figliuoletto dello speziale, e Sandro del mulino mi facevano talvolta crepare di bile. Ma l’era una cosa tutta diversa. A questi attucci io era abituato da molto tempo, e d’altra parte la Pisana, se era duretta e caparbia nelle sue tenerezze per me, lo era a tre doppii sopra gli altri fanciulli. Nè vedeva farsi in lei a vantaggio loro quel cambiamento che la rendeva così umile, così tremante, così impensierita al cospetto di Lucilio nella sala della zia. Le angoscie sofferte allora non avevano lasciato per verità traccia alcuna nel mio cuore, ma ne ricordava la causa, e molte volte erami venuto sulla punta della lingua di muoverne cenno alla Pisana, per vedere quanto ne ricordasse ella, ed in che modo. Peraltro titubava sempre e non sarei forse venuto mai ad effettuare un tal desiderio, se ella non me ne porgeva un giorno l’occasione.

Lucilio scendeva le scale dopo aver visitato la contessa già quasi ristabilita e la vecchia Badoer, e s’avviava verso il ponticello della scuderia, riedificato con tutti gli accorgimenti d’una buona difesa, sotto la direzione del capitano Sandracca: la Clara gli veniva del paro per passar nell’orto a cogliervi quattro foglie d’erba luisa e qualche geranio, che lottava ancora contro le punture della brina. Erano corsi parecchi giorni senzachè si potessero vedere, le loro anime tumultuavano, piene di quei sentimenti che di tempo in tempo vogliono essere espressi con ardore, con libertà, per non ritorcersi dentro di noi in alimento velenoso. Aspiravano all’aria libera, alla solitudine, e già, varcato il ponte e sicuri di esser soli, pregustavano la beatitudine di potersi ripetere quelle dolci dimande e quelle eterne risposte dell’amore, che devono