Pagina:Le confessioni di un ottuagenario I.djvu/373

Da Wikisource.
346 le confessioni d’un ottuagenario.

rioso pericolo da cui il rifiuto della Clara al Venchieredo li aveva salvati. La signora voleva saperne di più, e gracchiava di non volerne credere un’acca; ma non appena il marito ebbe bisbigliato il nome dell’eccellentissimo senatore Frumier, la si rifece credula e buona, nè s’incaponì di più a indovinare quello che l’illustre cognato teneva avvolto nell’arcano impenetrabile. Le disse anche il marito, che questi si mostrava persuaso dello sposalizio di Clara col Partistagno, e che si disponeva anzi ad adoperarsi perchè il giovine venisse ad una domanda formale. I due coniugi ebbero un assalto comune di contentezza matrimoniale, la quale non voglio immaginarmi quanto oltre andasse. La miglior contentezza tuttavia fu per la Clara, la quale, senza ch’ella ne sapesse il perchè, rimase dall’esser tormentata, ed ebbe qualche giorno di tregua per poter corrispondere con nessuna superbia alle occhiate riconoscenti ed appassionate indirizzatele alla sfuggita da Lucilio.

Intanto il senatore avea mantenuto la sua promessa di ingegnarsi con ogni maniera perchè il Partistagno domandasse finalmente la mano della Clara. La correggitrice, che era la consigliera del giovine, fu beata di aiutare in ciò il nobiluomo Frumier, e seppe così bene commovere la bontà e la vanagloria che erano le doti principali di quello, da riescir nell’intento più presto che non si sperava. Il Partistagno s’impietosì di lasciare una donzella morir d’amore per lui, insuperbì di essere tenuto degno di diventare nipote di un senatore di Venezia, e confessò che egli pure era invaghito da gran tempo della donzella, e che soltanto una pigrizia naturale lo avea trattenuto dal togliere quell’amore alla sua sfera platonica. Pronunciata quest’ultima frase, il giovine sbuffò come per la gran fatica che ci avea messo ad architettarla.

— Dunque animo, e facciamo presto — gli soggiunse la dama. Ed egli prese commiato da lei, colle più sincere