Pagina:Le confessioni di un ottuagenario I.djvu/378

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capitolo settimo. 351

non la donzella voleva ritirarsi in monastero, ma che i suoi volevano cacciarvela in castigo dello aver rifiutato un bel partito come il suo, e che Lucilio Vianello era il rivale che gli contrastava il cuore della Clara. Il barone scappò fino a Caporetto per nasconderci la sua vergogna, il Partistagno rimase per gridare a tutti i canti della provincia, che di Lucilio, della Clara e de’ suoi parenti si sarebbe vendicato; e che guai a loro, se monaca o smonacata non gli mandavano a casa la sposa! Egli continuava a dire che dell’amore di questa era certissimo; com’era anche certo che il malanimo de’ suoi e le cattive arti del dottorino la impedivano dal manifestarglielo.

A Portogruaro intanto vi fu gran consiglio di famiglia in casa Frumier su quello che doveva farsi, e il caso era abbastanza nuovo, perchè di donzelle allora che si opponessero con tanta pertinacia al voler dei parenti, non ve n’erano tante. Si voleva ricorrere al vescovo, ma il padre Pendola scartò pel primo questo parere. Tutti furono tacitamente d’accordo, che pur troppo la voce della gente diceva il vero, e che Lucilio Vianello era la pietra dello scandalo. Allontanare lui non si poteva; si trattava dunque di allontanare la Clara. Il Frumier aveva vuoto il suo palazzo di Venezia, e la contessa non parve malcontenta d’andare ad abitarlo. Dopo molte parole si decise dunque che si sarebbero trasferiti a Venezia. Ma per togliere ogni solennità e ogni occasione di grandi spese, solamente essa e la figlia si sarebbero accasate colà, e la famiglia avrebbe continuato a dimorare a Fratta. Ella si lusingava che i grilli sarebbero usciti di capo alla Clara, e se ciò non avveniva, c’erano conventi in buon numero a Venezia dove farle metter giudizio. Il conte si lamentò un poco di restar relegato a Fratta, perchè aveva una discreta paura del Partistagno; ma il cognato lo assicurò che avrebbe vissuto sicuro e che egli ne faceva malleveria.