Pagina:Le confessioni di un ottuagenario I.djvu/431

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404 le confessioni d’un ottuagenario.

la svignò dalla stanza, mordendosi le labbra ma non osando rifiatare. Dunque il signor avvocato aveva nell’ugola un doppio registro: quello che aveva adoperato con me l’anno prima, e allora colla moglie, e l’altro che aveva usato con me pochi momenti innanzi, e che continuò ad usar poi finchè mi ebbe accompagnato sulla soglia della casa. Un ragazzotto giallo, sucido, spettinato, vestito da Sant’Antonio, che si trastullava con non so quali giocattoli da sacrestia in un cantone dell’andito, mi fece anche voglia di ridere. L’avvocato me lo ebbe a presentare come il suo unico figliuolino, un piccolo prodigio di sapienza e di santità, che si era votato spontaneamente a Sant’Antonio, e che ne avea vestito l’abito come si costumava allora e qualche volta si costuma anche adesso a Padova. Quei suoi capelli, rasi a corona sul capo e abbaruffati come la siepaja d’un orto abbandonato, gli occhi loschi e cisposi, le mani impegolate d’ogni bruttura, e le vesti tutte lacere e bisunte nella loro santità, facevano uno strano contrasto col panegirico tessutomi a voce sommessa dall’avvocato. Pensai fra me che lo illudesse l’amore di padre: quel ragazzo poteva dimostrare quattordici anni (ne aveva sedici come scopersi dappoi) eppure nulla nella sua persona confermava le lodi che se ne facevano, se non si volesse confondere la sudiceria colla santità, giusta la bizzarra opinione di qualche bigotto. Rinchiusa che ebbi la porta lo sentii intonare a gran voce un cantico divoto: credo che avrei preferito gli abbajamenti d’un cane, e sì che le salmodie sacre con quel loro tenore mesto e solenne hanno sempre commossa l’anima mia in ogni sua fibra. Ma le divozioni cessano di essere sacre quando sono adoperate a spensierato trastullo e a vano sussurro; e io credo che il permetterne e l’inculcarne di cotal guisa ai fanciulli non serva che a guastarli, anche secondo le idee di chi volesse farli soltanto buoni cristiani. Le cose spirituali, secondo