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428 le confessioni d’un ottuagenario.

prendere e di dominar l’universo, ma sente, palpita, respira con esso. Così io cedeva allora a questa corrente di sogni e di pensieri, che mi respingeva carezzevolmente alle beate memorie dell’infanzia. L’esule canuto, che torna al focolare domestico dopo avere sfruttato i suoi giorni sopra terra ingrata e straniera, non è certo più lieto e commosso ch’io allora non fossi. Ma era tuttavia un contento pieno di melanconia, perchè l’apparizione nei crepuscoli della memoria d’una gioja passata, somiglia alla visita notturna d’un diletto defunto, e ci invita alla voluttà delle lagrime. Ricordava, insieme dimenticava e sognava; ricordava le beatitudini del fanciullo, dimenticava i dolori dell’adolescente, il ravvedimento del giovane, e sognava un ritorno allegro e felice a quelle rive incantate d’Alcina, donde cacciati una volta, invano si cerca di riapprodare ancora. Chi dopo una qualche assenza, non ha osato di fingere la propria amante cambiata per miracolo nell’amante ideale dei sogni, nella creatura del nostro cuore e della nostra poesia?... Bambolaggini senza verità e senza fiducia delle quali la mente s’innamora; e la speranza e l’amore e ogni altro tesoro dell’anima si profonde a vestire e lumeggiar vagamente una bambola immaginata. Io prendeva allora la mia Pisana in culla; non vedeva che i suoi lunghi capelli, i suoi occhi dolcissimi, i suoi sorrisi da angelo; di lei fanciulletta ricordava la grazia, l’ingegno, la pietà, e la voce soave e carezzevole; la vedeva poi crescere d’orgoglio e di bellezza, ricordava i suoi moti magnanimi, i suoi gesti alteri, i suoi baci di fuoco; sentiva il suo braccio tremar sotto il mio, vedeva il suo petto gonfiarsi ad una mia occhiata, e i suoi sguardi.... Oh! chi saprà descrivere com’ella avea saputo guardarmi, e come io ricordava allora, e ricordo perfino adesso, il linguaggio celeste di quelle due pupille incantevoli! Come ricordare un solo di quei lampi d’amore, e sovvenirsi insieme delle nubi che lo offusca-