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430 le confessioni d’un ottuagenario.

strapazzi sempre questo giovine, e lusinghi invece quell’altro che si è proposta di rifiutare. Oltracciò Giulio è quasi povero, e tanto malandato di salute che non gliela danno lunga fino alla primavera ventura!

— Come? Giulio è a questi estremi? — io sclamai.

— Sì, poveretto, — soggiunse la gentildonna — e a dirvi la verità sarebbe quasi meglio che se ne andasse, perchè non attraversi ogni buon collocamento della Pisana, come il dottor Lucilio ha fatto colla Clara. Quella almeno era quieta, ragionevole cristiana, e si è potuto trattenerla dal fare spropositi. Ma con costei? Uhm! non ci spero nulla, e temo che voglia diventare il disonore della famiglia. —

Io mi dimenticai sul momento della Pisana per ricordarmi di Giulio; e lo dichiaro a mia lode, che le tristi novelle della sua salute mi desolarono. Infatti nell’ultima volta che l’aveva veduto, avea notato il suo pallore più tetro del solito, e una difficoltà di respiro che gli mozzava a mezzo le parole. Ma ne accagionava unicamente i crucci e le battaglie inseparabili da un amore colla Pisana; anzi vedendo nelle sue pene quasi la mia vendetta, ne godeva barbaramente. Dopo il cattivo pronostico della Frumier cominciai a discernere meglio, e a temere ch’egli non fosse la prima vittima dell’indole bollente e sfrenata della fanciulla; mi dolsi della sua sventura, e più forse del delitto che avrebbe macchiato la coscienza di chi lo uccideva a quel modo, senza misericordia e senza pensarci. Le colpe di coloro che amai, ebbero sempre virtù di affliggermi più che i miei stessi dolori; credo che a quel tempo avrei perdonato alla Pisana l’amore per Giulio, purchè ella gli ridonasse con quello la salute e la vita. Pur troppo infatti ebbi campo a persuadermi che le paure della Frumier non erano fallaci. La sera stessa vidi la Pisana a Portogruaro; amorosa, timida, taciturna con me, come chi avesse biso-