Pagina:Le confessioni di un ottuagenario I.djvu/476

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capitolo nono. 449

per la buona riuscita che aveva fatto e pei grandi diritti che aveva alla gratitudine del Comune. Le lodi dello Spaccafumo mi lusingavano non poco: quelle poi del vecchio piovano di Teglio mi mandavano in estasi. Ed egli me le decretava con un certo fare autorevole e moderato, come chi ha facoltà di darle e di negarle; e poi non convien tacere che le glorie del discepolo riverberavano in volto al maestro. Per lui io rimasi sempre lo scolaretto dalle orecchie spenzolate, e il latinante da quattro sgrammaticature al periodo. Perfino Marchetto ci trovava il suo conto della mia amministrazione, perchè la sua pancia cominciava a dolersi delle troppe lunghe cavalcate, ed io gliele sparagnava con spessissimi componimenti. I faccendieri e Fulgenzio mio ajutante brontolavano, perchè le liti degli altri erano la loro pasqua, ma io non ci badava al malumore dei tristi, e a quest’ultimo sopratutto rivedeva le buccie assai di sovente perchè si ravvedesse della sua vecchia usanza di farsi pagare a doppio le proprie fatiche dal giurisdicente e dalle parti. Giulio Del Ponte m’ebbe ad avvertire di non urtarmi troppo con lui, perchè colla sua umiltà e con la sua gobba aveva voce di esser ben sentito da chi poteva molto. Ed io ripensando al processo del vecchio Venchieredo, mi capacitai benissimo di questi sospetti; ma il mio dovere soprattutto; ed io avrei lavato il muso ai serenissimi inquisitori, nonchè ad una loro sucida spia se gli avessi colti in flagranti di disonorare il mio ufficio. C’era del resto un altro personaggio che senza farne le viste mi mandava di cuore a tutti i diavoli; e questi era il fattore. La mia presenza, la mia nuova autorità avea sgominato certi suoi vecchi sotterfugi di mangerie e di rubamenti. Io ne aveva scoperto la trafila, gliel’avea perdonata, ma non gli avrei perdonato in seguito; ed egli lo sapeva e sopportava la mia sorveglianza con discreto malumore. Il conte del resto era felicissimo di risparmiare il salario del cancel-