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478 le confessioni d’un ottuagenario.

conservatore dei pubblici granaj. Investiti dalla Signoria delle nostre cariche, noi non possiamo certamente riconoscere in lei un legittimo magistrato, nè obbedire al piacer suo senza un rescritto della Signoria stessa. —

— Corpo e sangue! — io gridai. — Son dunque Avogadore per nulla? —

Quella gente si guardò in viso allibita per tanta baldanza; laonde io più impegnato che mai a sostener la mia parte, uscii affatto dai gangheri.

— Io, signori, ho promesso di tutelare gli interessi del popolo e li tutelerò. Più devo tornare a Fratta prima di sera, e prima di sera voglio dar ordine a tutte queste faccende. Mi hanno capito, signori? Altrimenti io ricorro al popolo e lascio fare a lui.

— Ho capito; — rispose con maggior tenacità ch’io non m’aspettassi il vice-capitano. — Ma senza un ordine della Signoria io non riconoscerò altri superiori che l’eccellentissimo luogotenente. E quanto al popolo, esso non vorrà fare il matto, finche noi terremo lei per ostaggio in nostra compagnia.

— Come, io tenuto per ostaggio?... Un avogadore!...

— Lei non è avogadore per niente affatto! Son io il vice-capitano. —

— Grazie! vedremo anche questa.

— La vedremo di sicuro: ma non la consiglio ad aver fretta. Già ne sappiamo alquanto sul conto suo, e come ella tratta con poco rispetto i fidatissimi dell’inquisizione.

— Ah ne sanno alquanto!... Me l’immagino! Il loro fidatissimo appena tornato a Fratta lo farò impiccare!... Sappiamo anche questa!

— Olà! d’ordine dell’eccellentissima Signoria questa persona è arrestata come rea di lesa maestà!.... —

A questa tirata affatto tragica del vice-capitano la sua masnada mi si schierò intorno, come per impedirmi di