Pagina:Le confessioni di un ottuagenario I.djvu/74

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capitolo primo. 47

alla contessa ed al fattore che era il suo braccio destro, perchè secondo lui il mio pedagogo doveva essere un certo Fulgenzio, mezzo sagrista e mezzo scrivano del cancelliere, che era nel castello in odore di spia. Ma io non poteva sopportare questo Fulgenzio, e gli giocava certi tiri che anche a lui dovevano rendermi poco sopportabile. Una volta, per esempio, ma questo avvenne più tardi, essendo io ai mattutini di giovedì santo in coro dietro di lui, colsi il destro del suo raccoglimento per dispiccar dalla canna con cui si accendeva le candele il cerino ancor acceso, e glielo attortigliai intorno alla coda. Laonde quando il cerino fu quasi consumato il foco si appiccò alla coda e da essa alla stoppa della parrucca, e Fulgenzio si mise a saltare pel coro, e i ragazzi che tenevano le ribebe in mano a corrergli intorno gridando acqua, acqua! E in quel parapiglia le ribebe andavano attorno, e ne nacque un tal subbuglio che si dovette tardare d’una mezz’ora la continuazione delle funzioni. Nessuno seppe mai pel suo dritto la cagione di quello scandalo, ed io che ne fui sospettato l’autore ebbi la furberia di far l’indiano; ma contuttociò mi toccò la sportula d’un giorno di cammino a pane ed acqua, il che non contribuì certo a farmi entrar in grazia Fulgenzio: come l’incendio della parrucca non avea contribuito a render costui più favorevole a me.

Io dissi che la contessa occupava la maggior parte del suo tempo facendo calze nel salotto in compagnia delle sue figlie. Ma l’ultima di queste nei primi anni di cui mi ricordo era bambina affatto, minore di me d’alcuni anni, e la dormiva nella mia stessa camera colla donna dei ragazzi che si chiamava Faustina. La Pisana era una bimba vispa, irrequieta, permalosetta, dai begli occhioni castagni e dai lunghissimi capelli, che a tre anni conosceva già certe sue arti da donnetta per invaghire di sè, e avrebbe dato ragione a coloro che sostengono le donne non esser mai