Pagina:Le confessioni di un ottuagenario I.djvu/77

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50 le confessioni d’un ottuagenario.

zione a chi li tormenta è anco maggiore della gratitudine per chi li rende felici. Io non so se sian buoni o cattivi, sapienti o minchioni cotali esseri; so che io ne sono un esemplare; e che la mia sorte tal quale è l’ho dovuta trascinare per tutti questi lunghi anni di vita. La mia coscienza non è malcontenta nè del modo nè degli effetti; e contenta lei contenti tutti, almeno a casa mia. — Devo peraltro confessare a onor del vero che per quanto volubile, civettuola e crudele si mostrasse la Pisana fin dai tenerissimi anni, ella non mancò mai d’una certa generosità; qual sarebbe d’una regina che dopo avere schiaffeggiato e avvilito per bene un troppo ardito vagheggino, intercedesse in suo favore presso il re suo marito. A volte mi baciucchiava come il suo cagnolino, ed entrava con me nelle maggiori confidenze, poco dopo mi metteva a far da cavallo percotendo con un vincastro senza riguardo giù per la nuca e traverso alle guancie; ma quando sopraggiungeva la Rosa od il fattore ad interrompere i nostri comuni trastulli, che erano, come dissi, contro la volontà della contessa, ella strepitava, pestava i piedi, gridava che voleva bene a me solo più che a tutti gli altri, che voleva stare con me e via via, finchè dimenandosi e strillando fra le braccia di chi la portava, il suo gridare si ammutiva dinanzi al tavolino della mamma. Quelle smanie, io confesso, erano il solo premio della mia abnegazione, benchè dappoi spesse volte ho pensato che l’era più orgoglio ed ostinazione, che amore per me. Ma non mescoliamo i giudizi temerari dell’età provetta colle illusioni purissime dell’infanzia. Il fatto sta che io non sentiva le busse che mi toccavano sovente per quella mia arroganza di volermi accomunar nei giuochi alla contessina, e che contento e beato mi riduceva nella mia cucina a guardar Martino che grattava formaggio.

L’altra figliuola della contessa, che aveva nome Clara,