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62 le confessioni d’un ottuagenario.

La Pisana mostrava fin da fanciulletta una rara intelligenza; ma questa la si veniva viziando fin d’allora fra le frivolezze e le vanità cui era lasciata in balia. La moglie del capitano Sandracca, la signora Veronica, che le faceva da maestra, durava una bella pazienza a raccogliere per un quarto d’ora il suo cervellino nella riga che le toccava compitare. Sicura d’apprender tutto con somma agevolezza, la ragazzina studiava il primo pezzo della lezione e lasciava il resto; ma così, anzichè fortificarsi la facilità dell’imparare, si generava in lei quella di dimenticare. Le lodi talvolta la spronavano a mostrarsene degna; ma poco stante qualche capriccio le facea porre da un altro canto questa breve ambizioncella. Avvezza a condursi colla sola regola del proprio talento, la voleva cambiare divertimenti ed occupazioni ogni tratto; non sapendo che questo è il vero mezzo per annojarsi di tutto, per non trovar più nè requie nè contento nella vita, e per finire col non sentirsi mai felici, appunto per volerlo esser troppo e in cento modi diversi. La scienza della felicità è l’arte della moderazione; ma la piccina non potea vedere tant’oltre, e sbizzarriva così, poichè gliene davano ampia facoltà. Superba di comandare e d’esser la prima in tutto, e di veder le cose ordinate a modo proprio, non è strano ch’ella cercasse accomodarle colla bugia, quando non le conosceva tali da indurre negli altri l’opinione altissima che la voleva far concepire di sè. Siccome poi tutti la adulavano e fingevano crederle, ella pigliava sul serio cotal dabbenaggine, e neppur si curava di render verisimili la sue fandonie. Sovente accadeva che per dar ragione di una ne dovesse inventar due; e quattro poi per portar avanti queste due, e così via di seguito fino all’infinito. Ma la era d’una fecondità e di una prontezza prodigiosa senza mai scomporsi, o mostrar timore che altri non credesse, o curarsi degl’impicci che le potessero venire dalla sua finzione. Credo la si avvez-