Pagina:Le confessioni di un ottuagenario II.djvu/110

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perciò non rifiutai mai un buon ajuto dell’amicizia. Pigliala come vuoi, io sono tuo padre; e ho diritto di consigliarti e al caso anche di comandarti. Non guardarmi così altero!... non ci è bisogno!... Ti compatisco; sei giovane, hai perduto la testa. Anch’io stetti tutto jeri che non sapeva se fossi vivo o morto, anch’io ho sofferto, vedi, più di uomo al mondo, vedendo rovesciarsi tutte le mie speranze, per opera di quelli stessi cui le aveva affidate da compiere! Anch’io ho pianto, sì ho pianto di rabbia, trovandomi schernito, beffeggiato, e pagato di sette anni di servizi e di sacrifizii coll’ingratitudine e col tradimento... Ma oggi, oggi me ne rido!... Ho un grave pensiero in capo; questo mi occuperà per mesi forse, per anni molti; spero di riuscir meglio che al primo esperimento e ci rivedremo. Un uomo, vedi, è un assai debole animale, un futuro parente del nulla; ma non è nulla!... e finché non è nulla può essere il primo anello d’una catena da cui dipenda il tutto... Bada a me, Carlino!... Io son tuo padre; io ti stimo e ti voglio bene assai; tu devi accettare i consigli della mia esperienza: devi serbarti a quel futuro che io m’adoprerò di preparare a te ed alla patria. Pensa che non sei solo, che hai amici e parenti profughi, impotenti, bisognosi; ti sarà gradito talvolta avere un pane da spartire con loro. Qui in questo taccuino sono parecchi milioni ch’io consacro ad un grande tentativo di giustizia e di vendetta; erano destinati a te, ora non lo sono più. Vedi che parlo aperto e sincero!... Usami dunque l’egual confidenza, dimmi quanto ti bisogna per vivere un anno comodamente.

Io mi piegai sotto la stringente logica paterna, e soggiunsi che trecento ducati mi sarebbero stati più che sufficienti.

— Bravo, figliuol mio! — ripigliò mio padre. — Sei un gran galantuomo. Eccoti una credenziale appunto di settemila ducati sopra la casa Apostulos in San Zaccaria, la