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136 le confessioni d'un ottuagenario.

di paglia si sarebbe svampato; sarebbe rimasta quella scintilla di generosità che l’aveva acceso, e con essa io vivrei di buonissimo accordo, come una mia antica conoscenza che la era. Di più la sfogata eloquenza e la pompa classica di quelle parlate mi assicuravano, ch’ella sarebbe stata un bel pezzo senza batter becco. Così si argomentava durante la sua infanzia; e sovente la Faustina, per consolarsi d’una domenica, irrequieta e rabbiosa diceva fra sè — Oggi la signorina ha la lingua fuori dei denti, e il pepe nel sangue. Buon per noi che ci lascierà in pace per tutto il resto della settimana! — Infatti così avveniva. Nè io ebbi a sbagliar mai anche più tardi, mettendo in opera il ragionamento della Faustina.

Io risposi adunque di tutto cuore alla Pisana che la era la benvenuta in mia casa; e fattole prima osservare il grave passo che ella arrischiava, ed il danno che massime nella riputazione le ne potèva derivare, vedendola ciononostante ferma nel suo proposito, mi limitai a dirle che la era la padrona di sè, di me e delle cose mie. La conosceva troppo per credere che ella si sarebbe ritratta dalle sue idee per le mie obbiezioni; fors’anco l’amava troppo per tentarlo, ma questo è null’altro che un dubbio, non già una confessione. Accettato ch’io ebbi così all’ingrosso e senza tanti scrupoli il suo disegno, si venne a metterlo in pratica; allora nel minuto mi si opposero parecchie difficoltà. Prima di tutto poteva io assumere una specie di tutela sopra di lei, incerto com’era di fermarmi a Venezia, anzi sicuro per le date promesse e per leggi d’onore di dovermene allontanare? E che cosa ne avrebbe detto la sua famiglia, e sua eccellenza Navagero, più di tutti, il marito vecchio e geloso? Non si avrebbe trovato da loro qualche pretesto per darmi il bando? E a me si stava di farmi complice dell’ingiuria che la Pisana scagliava sopra di loro? — E non bastava; c’era l’ultimo scrupolo, l’im-