Pagina:Le confessioni di un ottuagenario II.djvu/148

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tempo, che per la prima sera eravamo iti anche troppo innanzi e che conveniva separarsi.

— Ecco, — ripresi io facendo forza a me stesso e conducendola nella camera di mio padre. — Qui tu starai sicura, e libera a tuo grado; il letto te lo acconcerò io in quattro salti....

— Figurati se lascierò fare il letto a te!... È faccenda che s’appartiene alle donne per diritto; anzi io voglio fare anche il tuo, e domattina, giacché c’è qui la caffettiera (ve n’avea una per ogni canto nella stanza di mio padre) voglio portarti il caffé. —

Allora ci fu una piccola gara di cortesie che ci svagò dalle prime tentazioni; e contento di essermi fermato lì, io m’affrettai a ritirarmi beato di dormire o di non dormire ancora una notte in compagnia dei desiderii: compagnia molestissima quando non si ha speranza di esserne abbandonato, ma che è piena di delicati piaceri e di poetiche gioje per chi si crede vicino a perderla. Io mi credeva a torto o a ragione in quest’ultimo caso, ma bestia che sono! ci aveva anzi tutte le ragioni, e ne ebbi presto le prove. Qui poi sarebbe il luogo da rispondere a una delicata domanda, che poche lettrici ma molti lettori sarebbero audaci di farmi. A che punto era a quel tempo la virtù della Pisana? In verità io ho parlato finora di lei con pochissimo rispetto, mettendone in piena luce i difetti, e affermando le cento volte che la era più disposta al male che al bene. Ma le disposizioni non son tutto. In realtà di quanti gradini era ella scesa per questa scala del male? E infatto s’era ella calata già con tutta la persona mano a mano che vi scendeva l’immaginazione, fors’anco il desiderio? — Non parrà forse, ma dal fiutare una rosa allo spiccarla e al mettersela in seno ci corre un bel tratto. Ogni giardiniere per quanto sia geloso non vi proibirà mai di odorare un fiore; ma se fate motto di volerlo toccare, oh allora sì ch’egli si