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158 le confessioni d'un ottuagenario.

ricolo; ma pur troppo non si poteva ancora cantar vittoria, e finchè non fossi fuori delle lagune, anzi dalle provincie di quà dall’Adige, la mia libertà correva un grandissimo rischio.

— Dunque dove fareste conto di andare? — mi chiese il vecchio banchiere.

— Ma... a Milano! — risposi io, non sapendo neppure cosa mi dicessi.

— Proprio persistete nell’idea di andar a Milano? — mi domandò a sua volta l’Aglaura.

— Pare il miglior partito; — io soggiunsi — e laggiù ci ho infatti i miei migliori amici, e mi aspettano da un pezzo. —

Spiro era corso dabbasso a licenziare la gente dello studio mentre si facevano cotali discorsi, e l’Aglaura pareva disposta a movermi qualche altra inchiesta quand’egli tornò. Allora ella mutò viso, e stette ad ascoltare come si prendesse cura di nulla; ma ella mi spiava premurosamente ogni qualvolta suo fratello voltava via l’occhio, e la udii sospirare quando suo padre mi disse, che con un travestimento greco e il passaporto d’un loro commesso, io avrei potuto partire l’indomani mattina.

— Non prima, — soggiunse egli, — perchè tutte le polizie sono molto occhiute e guardinghe sui primi momenti, e cadreste facilmente nelle loro unghie. Domani invece non guarderanno tanto pel sottile perchè vi crederanno già uscito di città, ed essendo festa i doganieri saranno occupatissimi a riveder le tasche dei campagnuoli che entrano. —

La vecchia, che era accorsa anco lei a congratularsi del mio salvamento, approvò del capo. Spiro soggiunse che sbarcato a Padova farei benissimo a spogliarmi del mio travestimento, e a prendere qualche strada di traverso per toccare il confine: il vestire alla greca avrebbe dato troppo nel-