Pagina:Le confessioni di un ottuagenario II.djvu/241

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capitolo decimosesto. 233

tutti di Roma. Almeno io spiegava così la tardanza del Carafa. Intanto continuava con Lucilio a godermi le belle antichità di Roma e a studiarne la storia coll’ajuto dei monumenti. Era l’unico svagamento che mi restasse, contro lo sconforto che mi aggravava semprepiù per le mancanti notizie di Venezia. Mia sorella e il cognato scrivevano; perfino mio padre scrissemi per mezzo loro da Costantinopoli che attendessi a sperare e a prepararmi. Erano scarsi ajuti; nessuno sapeva darmi contezza della Pisana neppure per sospetto o per congettura: udiva anzi che a Venezia si trattava di ventilare la sua eredità, segno che la credevano o la speravano morta; e questa faccenda, nella quale ravvisai la crudele avidità della contessa, non vi so dire in qual furore mi mise. A questo s’aggiungevano i disinganni politici che cominciavano a tempestare. Le mutazioni imposte agli Statuti Cisalpini da Trouvé ambasciatore di Francia, coll’ajuto delle bajonette francesi, davano a divedere di qual lega fosse la libertà concessa alle repubbliche italiane. Securi contro l’Austria per la pace già stabilita, vollero stringere il freno, per aver più pronta la direzione delle cose. Si tornava a mutare per cambiar poi di nuovo, soldatescamente, tirannicamente sempre. Tantochè le menti più forti ed illuminate si separarono da quel governo servile d’un altro governo pazzo e capriccioso, e fra i diversi combattenti, fra i varii partiti stranieri, cominciarono non a fare, ma a sperare da sè. Nell’esercito cisalpino furono molti di cotali uomini indipendenti; principali Lahoz, Pino e Teulliet. Noi subalterni e gregari secondavamo, come è solito, le opinioni dei capi; e un odio sordo, una profonda diffidenza contro i Francesi, preparava sventuratamente il terreno alla nuova invasione austro-russa.

Quando Dio volle arrivò il Carafa da Firenze, ma irto, ringhioso, severo quanto mai. Egli si fregava sempre colla mano quella cicatrice che aveva sul sopracciglio, ed era