Pagina:Le confessioni di un ottuagenario II.djvu/278

Da Wikisource.
270 le confessioni d’un ottuagenario.

fallato e di non poter rimediare... Oh i Turchi, i Turchi!... Ma non biasimarmi, figliuol mio, perchè io avessi posto le mie speranze nei Turchi. Per noi son tutti gli stessi... Credilo!... Io aveva creduto di adoperare i Turchi a cacciare i Francesi, e così dopo saremmo rimasti noi... Sciocco che era!... Sciocco!... Oggi, oggi vidi cosa cercavano i Turchi!... —

Ciò dicendo egli pareva in preda d’un violento delirio; invano io m’ingegnava di calmarlo, e di sostenerlo in tal modo che meno dolorasse della sua ferita; egli seguitava a smaniare, a gridare che tutti erano Turchi. Il prete mi avvisava che appunto nell’opporsi alle violenze, che gli Ottomani commettevano appena sbarcati sui miseri abitanti, mio padre aveva toccato quella tremenda ferita di scimitarra alla gola, e che rimasto sul lastrico, quelli del paese lo avrebbero certamente fatto a brani, se egli non lo trafugava pietosamente, dopo essere stato testimonio di tutta la scena da un finestrello del campanile. Io ringraziai con uno sguardo il vecchio prete di tanta cristiana pietà, e gli dissi anche sottovoce, se non ci fossero nel paese medici o chirurghi da ricorrere all’opera loro per qualche tentativo. Il moribondo si scosse a queste parole, e accennò col capo di no...

— No, no; — soggiunse indi a poco tirando a stento un filo di voce. — Ricordati dei Turchi!... cosa servono i medici?...... Ricordati di Venezia... e se puoi rivederla grande, signora di sè e del mare.... cinta da una selva di navi, e da un’aureola di gloria......... Figlio mio, che il cielo ti benedica!...

E spirò!...... — Una tal morte non era di quelle che rendono attoniti e quasi codardi nel riprender la vita: essa era un esempio, un conforto, un invito. Chiusi con reverenza gli occhi ancora animati di mio padre; lo spirito suo, forte ed operoso, lasciava quasi un’impronta di attività su