Pagina:Le confessioni di un ottuagenario II.djvu/35

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finalmente un altro perruccone giallo, sfinito e livido di paura si precipitò nella stanza, e Lucilio gli era ito incontro fin sulla soglia, e alla sua comparsa tutta l’adunanza si dispose in cerchio come per udire qualche grande ed aspettata novella.

— È il Savio supplente di settimana! — mi bisbigliò all’orecchio Amilcare. — Ora vedremo se sono disposti a cedere colle buone. —

Io finsi di capire, e considerai più attentamente il parruccone, che non sembrava per nulla agevolato a sfoggiar d’eloquenza da quella numerosa combriccola che lo circondava. Il Battaja se gli fece ai panni per interrogarlo, ma Lucilio gli tagliò la strada, e tutti stettero zitti ad ascoltare quanto diceva.

— Signor procuratore; — cominciò egli — ella sa il deplorabile stato di questa serenissima Dominante, dappoichè tutte le provincie di terraferma hanno inalberato lo stendardo della vera libertà. Ella sa l’inettitudine del governo dopo l’imbarco dei primi reggimenti di Schiavoni, e la fatica durata finora ad imbrigliare la rabbia del popolo...

— Sì... sissignore, so tutto, — balbettò il Savio di settimana.

— Io ho ritenuto mio dovere di chiarire all’eccellentissimo procuratore tali tristi condizioni della repubblica — soggiunse il Battaja.

Lucilio, senza badare a costui, riprese la parola.

— Ella conosce del pari, signor procuratore, gli estremi sommarii del trattato che si firmerà fra breve a Milano, fra il cessante Maggior Consiglio e il Direttorio di Francia! —

Questo crudele ricordo cavò dagli occhi del procuratore due lagrimoni, che se non accennavano il coraggio, non erano peraltro senza una tal qual dignità di mestizia e di rassegnazione. Esse bagnarono tortuose la cipria di