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360 le confessioni d’un ottuagenario.

sime all’anno. Ma intanto ella acconsente a far l’infermiera a mio marito, io l’ho persuaso che lo zio monsignore abbisogna di me, e mia madre poi, che avrà dalla mia partenza il suo tornaconto, asseconda con tutte le forze questo progetto.

— Che tornaconto n' ha mai tua madre da questo viaggio?

— Il tornaconto che le ho ceduto definitivamente non solo il godimento, ma la proprietà della dote!...

— Che pazzia! E per te dunque, cosa ti rimane?

— Per me mi rimangono due lire al giorno che mio marito vuol passarmi ad ogni costo, malgrado la strettezza della sua fortuna; e con quelle in campagna posso vivere da gran signora.

— Scusa, sai, Pisana; ma il sacrifizio che hai fatto per tua madre mi sembra altrettanto imprudente che inutile. Qual vantaggio recherà a lei l’avere la proprietà oltre il godimento della dote?

— Qual vantaggio? Non so; ma probabilmente quello di potersela mangiare. E poi fare questi conti non si stava a me. Mia madre mi ha mostrato le sue tristi condizioni, la sua vecchiaia che vien domandando sempre nuovi commodi, nuove spese, i debiti da cui è molestata; infine io ho veduto anche i bisogni delle sue passioncelle, e non voleva che per giuocare due partite di tresette ella fosse costretta a vendere il pagliericcio. Le ho risposto dunque: Volete così... Sia! Ma mi lascerete partire perchè ho bisogno d’una boccata d’aria libera, e di rivedere le nostre campagne. — Va’, va’ pure, e che il Cielo ti benedica, figliuola mia — soggiunse mia madre. — Io credo ch’ella si consolò tutta di vedermi in procinto d’andarmene; e così le mie suggestioni non avrebbero più persuaso Rinaldo a comperarsi ogni tanto o un cappello nuovo o un vestito meno indecente, e così a lei sarebbe rimasto qualche zec-