Pagina:Le confessioni di un ottuagenario II.djvu/411

Da Wikisource.

capitolo ventesimo. 403

Calderari facevano presa a Palermo, ciò dinotava la cedevolezza del terreno.

Ma quei giovani animosi non volevano udir parlare di ciò, e in prova anzi del contrario recavano alcune proposizioni, accettate le quali, Sicilia si sarebbe racchetata a un tratto. Il Generale diede buone parole; ma quello era giorno da fatti, e più che le cose di Sicilia lo preoccupavano le notizie delle Marche. Si seppe subito dopo il pranzo che uno squadrone di ulani era passato la sera prima: contadini fuggiaschi dalle terre aperte narravano, che tutto l’esercito tenea loro dietro. Fu chiaro allora nella mente del generale il disegno astutissimo degli Imperiali di accennare a Napoli per la via di Capua, richiamando colà lo sforzo maggiore della difesa, e di giungervi invece per i passi malguerniti degli Abruzzi. Però si aveva campo ancora a supporre che fossero esagerazioni quelle ciarle di contadini, come sempre; e che avessero scambiato per migliaia le poche schiere di cacciatori a piedi ed a cavallo destinate a qualche ricognizione. Si sperava di poter concentrare dietro a Rieti le guardie appostate qua e là, e di dare almeno tempo a Carascosa di frapporsi da quel lato fra Napoli e il nemico, alle spalle delle cerne di Pepe. Volendo questi mandar subito a Rieti, io e quei giovani siciliani ci offrimmo all’uopo; egli ce ne ringraziò, ci diede una scorta di cavalleggieri, raccomandandoci di farlo avvisato di tutto nel più breve spazio di tempo possibile. Intanto avrebbe spiccato messi a tutti i comandanti, che rifluissero colle loro schiere sulla strada da Rieti ad Aquila.

Quello che più si temeva era vero purtroppo. Nugent premeva con tutto l’esercito il confine degli Abruzzi; un grosso corpo di cavalleria minacciava la importantissima posizione di Rieti. Pepe fu avvisato entro due ore: ma già troppo tardi perchè potesse provvedere a tanta urgenza.