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438 | le confessioni d’un ottuagenario. |
rosa: sopratutto nel far pagare ai suoi figli quanto è loro dovuto, essa vale un tesoro; pel credito di mille sterline non avrà rimorso di appiccare il fuoco ai quattro cantoni del mondo. Fate a modo mio: lasciate ch’io dipani un poco questa matassa!...
— Ma a persuadermi di ciò non faceano d’uopo tante parole. Domani vi passerò le carte, che sono ora nelle mani di mio cognato. Certo non poteva trovare miglior procuratore.
— A domani dunque, e siamo intesi. Io mi darò attorno per questa faccenda. Di qui a un paio di settimane l’operazione; poi il consueto riposo di quaranta giorni, e il viaggio a Venezia. Non mi ci vorrà tanto per procurarvi il passaporto.
— Sì, ma intanto?...
— Intanto tenete colla Pisana un contegno umile ed affettuoso, e non riscaldatevi tanto nel lodar vostra moglie, come facevate ora. Li merita questi elogi ma non sono opportuni. L’altra, ve lo dico io, ne soffre acerbamente!...
— Grazie, grazie, dottore, io non ebbi mai amico migliore di voi.
— Ve ne ricordate eh?... La è un’amicizia di data vecchia. Ho cominciato col risparmiarvi i rimbrotti e le busse, ordinandovi un purgante.
A questa memoria, io scoppiai in un pianto dirotto. Anche ai ciechi è concesso il ristoro delle lagrime. E furono sì copiose, sì dolci, che non sentii in appresso la metà de’ miei dolori. — Lucilio se n’andò stringendomi affettuosamente la mano; e l’Aquilina mi venne accanto dopo alcuni momenti dicendomi che aveva ad intrattenersi meco di cose di grandissimo rilievo. Per quanto fossi mal disposto, cercai di adattarmi a quanto ella voleva, e risposi che parlasse pure, e che io starei molto volentieri ad ascol-