Pagina:Le confessioni di un ottuagenario II.djvu/461

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capitolo ventesimo. 453

è giusto che non mi si tardi qualche ricompensa; il mio desiderio è di riceverla subito, e di abbandonarvi per breve tempo col sorriso sulle labbra e, concedetemi anche questa speranza, col vostro compatimento.

— Non vedi, Pisana, che tu mi strazii l’anima, che mi rinfacci con queste parole la cecità colla quale in questi ultimi anni ho voluto credere alla tua apparente freddezza?... Infame, sconoscente, assassino che non badava a tutti i tuoi sacrifizii, che mi sforzava a creder vera la tua indifferenza forse per isdebitarmi a poco prezzo con te, che non volli conoscere nella tua devozione, e nel modo ammirabile con cui me la dimostravi, quel suggello di sublime delicatezza di cui sola sai improntare i sacrifizii, e farli comparire azioni affatto comuni e prive di merito!... Oh maledicimi, Pisana!... Maledici il primo momento che mi hai conosciuto, e che ti ha condotta a sprecare per me tanto eroismo, quanto avrebbe bastato a premiare la virtù d’un santo e i fecondi dolori d’un martire!... Maledici la mia stupida superbia, la mia ingrata diffidenza, e il vile egoismo con cui son vissuto due anni bevendo il tuo sangue, e suggendoti dalle carni la vita!... Oh sì! ricada sul mio capo la pena di tanta infamia! La meritai, la imploro, la voglio! Finchè non avrò scontato a lagrime di sangue tutto il mio delitto contro di te, tutti i dolori, le umiliazioni che ti ho imposto, non avrò nè pace nè ardire di sollevare il capo e chiamarmi uomo!...

— Vaneggi, Carlo?... Che fai ora, che pensi?... Non conosci più la Pisana, o credi ch’ella finga ancora per esser creduta contenta o per isbarazzarsi dell’altrui compianto?... No, Carlo, te lo giuro!... La quistione di vivere o di morire non c’entra per nulla nella mia felicità. Non ti nascondo che la mia ultima ora la credo molto vicina; ma son io meno felice per ciò?... Tutt’altro, Carlo; la tua tenerezza la tua confidenza erano l’ultima consolazione che