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566 le confessioni d’un ottuagenario.

non ricompensare ma esser degno della tua tenerezza. Ho baciato e ribaciato la tua lettera, ho accolto con dovuta gratitudine la tua benedizione, e jeri nell’imbarcarmi ne rileggeva il tenore, e mi piovevano dagli occhi le lagrime.

— Eh, eh! giovinotto — disse un vecchio marinajo nel darmi braccio a salire sul cassero. — Consolatevi, passerà. Lontan dagli occhi, lontan dal cuore; così è l’amore!

Egli credeva che una lettera dell’amante mi facesse piangere a quel modo; credeva che avessi lasciato nella mia patria qualche mesta donzella che sospirasse al mio ritorno, forse coll’anello della promessa nel dito!... Felici illusioni!... Che altro ho io lasciato a Venezia se non il disprezzo del mio nome, e, Dio lo volesse appieno, dimenticanza? Voi solo, padre mio, e mia madre, e mia sorella, serberete memoria non disdegnosa del povero Giulio, e l’anima mia, non beata d’altro che d’amar voi, si consacra fin d’ora a rendere non iniqua la vostra bontà!

Roma, 9 febbrajo 1849.

Città eterna! Spettro immenso e terribile! Gloria, castigo, speranza d’Italia! Innanzi a te si quietano le ire fraterne, come dinanzi alla giustizia onnipresente. Tu sollevi la voce, e tacciono intenti i popoli, dalle nevi dell’Alpi alle marine dell’Ionio. Arbitra sei del passato e del futuro. Il presente s’interpone come un punto, nel quale tu non puoi capire con tanta mole di memorie e di speranze. Oggi, oggi stesso un grande nome risorse dall’obblio dei secoli; e l’Europa miscredente e contraria non avrà coraggio di ripeterlo col solito ghigno: lo spirito trabocca dalle parole; sia rispetto o paura egli vi costringerà, tutti quanti siete, a pronunciarla con labbra tremanti. Ma ogni respiro di Roma è espiato con qualche vittima sanguinosa. Nacque dal fratricidio, la liberò il sangue di Lucrezia, e Virginia