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capitolo decimosecondo. | 69 |
di gran momento, e la Pisana mi onorò d’un’occhiata che non era certo indifferente. Sua eccellenza Navagero mi guardò anch’esso con minore indifferenza della moglie, nè ci voleva di più per farmi smarrire affatto. In buon punto mi soccorse Giulio Del Ponte, che seguiva a quanto sembra la coppia fortunata, e mi volsi tutto confuso a parlare con lui. Non so di che discorressi, ma mi ricordo che cascammo alla Pisana ed al suo matrimonio. Giulio non era più felice l’un per cento di quanto aveva sperato di poterlo diventare il giorno delle loro nozze; infatti lo adocchiai allora, e lo vidi incadaverito, come un amante in procinto di fallire. La malattia dell’animo lo aveva ripreso, e rodeva lentamente un corpo gracile di natura, e già offeso da precedenti disgrazie. Però non lo compatii allora come per l’addietro: aveva capito di qual tempra fosse l’amor suo, e non lo reputava degno nè di stima, nè di pietà. Io mi maraviglio ancora che colla maniera di mia educazione avessi potuto serbare una tal rettitudine di giudizio nelle cose morali. Ma dubito ancora che l’avessi a danno degli altri, e che verso di me sarei stato di gran lunga più indulgente. Comunque la sia, non entrai a parte per quella volta dell’accoramento di Giulio, e lo lasciai smaniare e disperarsi a sua posta senza piangere: tanto più che allora non poteva fargli cessione della Pisana, nè cancellare a suo conforto quella larva incomodissima di marito. Infatti l’occhiuta e pettegola gelosia di costui era il primo tormento del povero Giulio; ma se ne aggiungeva uno di peggiore assai.
— Vedi, — mi bisbigliava egli all’orecchio con un rabbioso scricchiolio di denti, — vedi quel lesto ufficialino che tien sempre dietro alla Pisana, e saltella dal fianco di lei a quello del marito, ed ora si avvicina alla bella Beauharnais e le fa riverenza, e le stringe il dito mignolo con tanta leggiadria?... Or bene, quello è il cittadino Asca-