Pagina:Le confessioni di una figlia del Secolo (1906).djvu/42

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alimentata da lunghe chiacchiere — fra lei che amava parlare, ed io che amava ascoltare — e resa più affettuosa da quell’ombra di mistero ansioso, che avvolge le puerizie femminili, costrette entro i limiti di un chiostro.

Ma poi, uscita Viviana di là assai prima di me, ci eravamo perdute di vista. Malgrado la nostra non piccola disparità di anni, io ero già maritata quando, di passaggio per un paesello della bassa Lombardia, la rividi improvvisamente, ritta in mezzo allo stradone polveroso, male in arnese e dinoccolata, come chi ha perduto ogni energia di speranza. Un grido, un fermare di carrozza, un abbracciarsi, un domandarsi affannoso, ed il tempo di sapere che ella era ancora zitella, in pericolo di rimanere tale, sino alla consumazione dei secoli. Poi avevo ripreso la mia via, pensando che la vita è così: senza tregua lacerante.

Alcuni mesi erano passati ancora, quando ella mi annunziò il suo matrimonio — finché un giorno la vidi arrivare alla mia casa, con lo sposo, in visita di viaggio di nozze. Finalmente eravamo en-