Pagina:Le dicerie sacre.djvu/157

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148 La M v s i c a." tarla,non dirò di monte iti ralle, ma di Cielo in Tetra . E (e mi fi concede , che il nome di Siringa proceda da Sirim.voce Greca,che latina- mente Tuona Canranteà Dio ; non (ari dadu» btare, che in coftei fignificara non fia la noftra liumanità, la qualec tutta canora, & armonica ; e quella armonia non ad altro fine fu com- _ polla, ch'alia loda, S: alla gloria di eTso Iddio. I» te cantatie mea fcmptr . 0 grande , ò mi-, labile, ò TacroTanto Pan , Cittadino non de boTchi , ma del Parad'To , Signore non degli Arcadi, ma degli Angioli, e degli huomini ; à che mifera conditione ti hà condotto l’eccef* fino amore, à cui ti Tei voluto fottoporre. Pan folcua portare inghirlandate le tempie di pino, di falce , ò d'hellera : ma tu ( à quel ch'io veggo ) porti trecciata la teda d’rn ferro di pungentiflime fpine. Pan Tolcua tingerli ilvi- fodi more Teluagge , ò d’ebuli; ma tu vai tinto dell’infaufte , Schorridc macchie del prò- prò (àngue. Pan (fecondo le fauole) era Nume immortale; ma tufouerchiato dall'amore, ti fei anche dalla morte laicato foggiogare. Seguendo adunque il noflro diurno Amante que» (la Tua fattura roza, e villana ; anzi ingrata , « feonofeent? , dico l’auimafuggitiua , che non pur lo fchifa , e deprezza, mi l’ingiuria , e tormenta, giunto (lanco all’amato fiume della Tua Paflìone, la vede cangiata in vilidìma Canna, cioè à dire insertante, e fetìza fermezza . Quella Cannxprende egli in mano ; nè per a!tr*_j cagione ( s’io mai non auifo j dopò mille altri fcherni, e flagelli gli è canfegnata la Canna, le non per fegno d della fragilità,e debolezza dcl- l’huonio, c delia inftabilità , e leggicrezza del mon. 0