Pagina:Le dicerie sacre.djvu/293

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z&4 La M v s i e k. donna mormoramce , ben debbo io con maggior fidanza da te impromettcrmi l’effetto del* Ja mia richiefia, mentre per coftoro intercedo, che fenza faper più , che tanto mi offèndono. Ai cofpetto de'Magifttati temporali in nva di- fefa io non aperfi mai bocca : Ma innanzi al tuo Tnbunale eterno per la tutela , che hò prefa dell'huomo grido ad alta voce. Quando io trattai teco de’miei imerellì , appofiTa condi» tione alla preghiera . Si poflìbili efl, tranfeat, Hot’m cofa doue importa la falaezzadi chi a- mo tanto , la mia dimanda è fenza elaufula^, patio allolutamente, è neceflario, che io fìa_* cflaudito , così voglio, falioinogni modo. parer igno/ce illis. Non ti chiamo Rè, perche gh affligga, non Signote, perche gli punifea , non Gudice,perche gli condanni, non D.o,perche gli factti ,ma Padre cletnentilfimo, perche perdoni loto. Io ftimo più la viti di quefte a- nime, che la mia propria : e tu deui più Rimate la carità, con cui ti pnego, che l'iniquità, coru* cui eflì mi crocifigono. E fe ben dillì,che maggior carità non fi rroua, che morir per gli amici, non credo io peto di morire per gl’inimici, percioche inquanto à me niuno voglio hauer per ta!e;Et auuengache alitimi babbi a in odio, tutti nondimeno da) mio canto mi fono amici} jtnziGiuda ifteflo quando venne con tanta perfìdia à tradirmi volfi honorare di quefto titolo afFcttuofo.E perciò habbiaoo(ti priego) fine in vn medefìmo punto la vita mia,e l’ira tua. Fin qui la Gmfticia hà troppo potuto,c fempre vinto. E’ ben ragione,e tempo, che la Mifericor- dia trionfi.Vuole il douere,che appo te vn figlio polla più d'vn feiuo, Fà adunque, che quefto